51375
Aumentano gli italiani che ‘vivono’ con una diagnosi di tumore
La Favo mette in luce le criticità dell’assistenza ai malati oncologici. Poche le Reti Regionali, ma in Liguria esiste
Gli italiani che ‘vivono’ con una diagnosi di cancro negli ultimi 5 anni sono aumentati del 17 per cento: dai 2 milioni e mezzo del 2010 ora assommano a più di 3 milioni.
Il VII Rapporto della Favo (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) presentato in questi giorni al Senato - in occasione della X Giornata nazionale del malato oncologico -, mette in luce alcune palesi criticità: dalla trascuratezza evidenziata sia nella fase di riabilitazione post-trattamento acuto che in quella susseguente la remissione totale, alle numerose difficoltà sottolineate nell’applicazione di parametri indirizzati all’appropriatezza dell’intervento chirurgico “in ottica” oncologica. Fino ad insistere sulle gravi distonie ancora presenti, in fatto di trattamenti, tra le varie Regioni.
Il documento portato a conoscenza dell’assemblea di Palazzo Madama, non dimentica poi la sollecitazione rivolta ai rappresentanti delle Istituzioni affinché “la riabilitazione oncologica venga accolta nella sua specificità e rientri nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) garantiti a tutti i cittadini”.
“L’assenza di aiuti socio-economici - chiariscono i portavoce della Favo - costringono molte famiglie a mettere mano al portafogli per assicurarsi supporti non previsti dal Servizio Sanitario Nazionale”.
I dati di riferimento
Nel 2010, in Italia le persone vive dopo diagnosi di tumore erano 2.587.347, il 4,4 per cento della popolazione. I soggetti completamente guariti e quindi con un’aspettativa di vita simile ai soggetti non colpiti da cancro, risultavano 704.648 (l’1,2% dei residenti nel Paese). Oggi - nel 2015 - gli uomini e le donne ancora vivi dopo diagnosi oncologica superano i 3 milioni (3.036.741), vale a dire il 4,9 per cento degli abitanti complessivi.
I farmaci che “non arrivano mai”
La disponibilità di nuovi farmaci anti-cancro in Italia “fa a pugni” con un’attesa media di 1.070 giorni (circa 3 anni). A ciò si deve aggiungere - scrive la Favo - il lasso di tempo necessario all’inserimento del prodotto nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero Regionale (PTOR): da un minimo di 40 giorni ad un massimo di 170 (vedi Calabria).
Una buona notizia… per la Liguria: la Rete Oncologica Regionale c’è
Infine, pur in un contesto non ancora omogeneo riguardante l’attivazione delle Reti Oncologiche, in Liguria la situazione - si legge nel dossier della Federazione - dà buone prospettive. “Le recenti attività del gruppo di coordinamento hanno portato all’attuazione del piano oncologico nazionale con il trasferimento in regime ambulatoriale di parte delle attività di DH, lo studio della mobilità ospedaliera, la centralizzazione della prescrizione e somministrazione dei farmaci innovativi e la condivisione delle scelte dei farmaci in fascia C. Mentre gli impegni sono rappresentati dal progetto per la diagnostica molecolare, per la sostenibilità del rinnovo tecnologico in radioterapia e dei nuovi farmaci oncologici, per l’integrazione territorio-ospedale con particolare riguardo alla definizione dei percorsi comuni”.
Leggi qui il RAPPORTO FAVO