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Notizie dalla Liguria

Riprende il dialogo Aiop-Aris con le Organizzazioni Sindacali

Il rinnovo del Contratto nazionale del personale non medico, che opera nella componente di diritto privato del Ssn è, da sempre, un’assoluta priorità per Aiop e Aris, e non è mai stato messo in discussione, nel rispetto dei legittimi interessi delle parti. A seguito dell’improvvisa interruzione delle trattative, avvenuta il 27 gennaio scorso, Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop e Padre Virginio Bebber, Presidente nazionale Aris, hanno avviato immediati contatti con tutti gli interlocutori istituzionali, ribadendo l'assoluta volontà di rispettare gli impegni assunti nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, tenuto conto delle esigenze delle strutture rappresentate.

Il cammino verso il rinnovo del CCNL del personale non medico ha compiuto un nuovo passo in avanti

Forte segnale di responsabilità da parte dell’Assemblea AIOP

L’Assemblea generale dell’Aiop, convocata a Roma il 22 gennaio u.s., per esprimersi sul tema del rinnovo del CCNL, ha ribadito la volontà di definire, in tempi rapidi, l’intesa per il rinnovo del contratto del personale non medico della componente di diritto privato del Ssn, nel rispetto degli accordi e dei risultati con le Istituzioni e le Organizzazioni sindacali.
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Notizie Aiop Nazionale

I permessi ex Legge 104 anche con il part-time
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I permessi ex Legge 104 anche con il part-time

Corte di Cassazione Civile Sezione Lavoro n. 4069 del 20 febbraio 2018

Sonia Gallozzi, Consulente giuslavorista della Sede nazionale

La Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una dipendente delle Poste Italiane, con orario part-time verticale (dalle ore 8:30 alle 14:30 dal lunedì al giovedì), la quale aveva lamentato, in sede di merito, come il datore di lavoro avesse riproporzionato, in considerazione del part-time verticale, da tre a due il numero di giorni di permesso mensili spettanti, sebbene già con precedente sentenza, passata in giudicato, il Tribunale avesse riconosciuto il suo diritto a fruire di tre giorni, con condanna del datore al risarcimento del danno (in relazione al periodo 2001-2009).
La Corte di Appello di Trento, confermando la pronuncia di primo grado, riconosceva il diritto per la dipendente ad usufruire di tre giorni di permesso ex art. 33, comma 3, Legge n. 104/1992, ciò sul presupposto che, in mancanza di una norma espressa, doveva trovare applicazione il principio di non discriminazione di cui all’art. 4, d.lgs. n. 61/2000.
Contro tale pronuncia Inps e Poste ricorrevano alla Corte di Cassazione..
La Corte, con un’articolata e motivata pronuncia, richiamandosi ad un suo recente precedente (Cass. 22925/2017), chiarisce innanzitutto come l’art. 4 d.lgs. n. 61/2000, dopo aver sancito al primo comma il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno, elenca alla lettera a) i «diritti» del lavoratore a tempo parziale, mentre, alla successiva lettera b), stabilisce che “il trattamento a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa”. Quindi, ad avviso della Corte, “la lettera a) individua i diritti del lavoratore con orario part time, mentre la successiva lettera b) esamina i trattamento economici”, sancendo che solo questi ultimi possono essere riproporzionati.
Secondo gli Ermellini, dunque, il Legislatore “ha inteso distinguere fra quegli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in nesso di stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa [….] dagli istituti riconducibili ad un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della prestazione lavorativa”. In assenza di una specifica disciplina, pertanto, “l’interprete deve ricercare, tra le possibili soluzioni […] quella maggiormente aderente al rilievo degli interessi in gioco ed alle sottese esigenze di effettività di tutela, in coerenza con le indicazioni comunitarie”. Interessi che, come affermato nel summenzionato precedente della Corte, nella specie poggiano su una tipica espressione dello Stato sociale, che eroga una provvidenza in forma indiretta tramite facilitazioni ed incentivi ai congiunti che si fanno carico dell’assistenza di un parente disabile.
Sulla base di tali principi, la Corte ha ritenuto dunque di rigettare il ricorso ribadendo che “dal complesso delle fonti richiamate emerge la necessità di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori [….] Il criterio che può ragionevolmente desumersi da tali indicazioni è quello di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all’adozione del rapporto di lavoro part time e, nello specifico, del rapporto part time verticale”.
Tuttavia, proprio in coerenza con il su esposto criterio, la Cassazione ha ritenuto comunque ragionevole distinguere l’ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori e riconoscere, solo nel primo caso, il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto.
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